Caro Mostro... buon anniversario, Frankenstein.


In occasione del bicentenario della pubblicazione di Frankenstein o il moderno Prometeo (11 marzo 1818), romanzo che consegnò la sua autrice Mary Shelley a fama imperitura, vari sono stati gli eventi celebrativi in suo onore. Partecipando a uno di questi ("Caro mostro - Il mito di Frankenstein nel Cinema", organizzato da Verona Film Festival, Comune di Verona e Università di Verona), ho avuto l'occasione di assistere alla proiezione di tre film classici dedicati all'opera, ovvero  Frankenstein, La moglie di Frankenstein e Il figlio di Frankenstein. Tre film che riprendono, riadattano e in un certo senso rinnovano a modo loro l'immagine del mostro romantico creato dalla scrittrice britannica e ne delineano quell'iconografia giunta nell'immaginario collettivo sino ai giorni nostri.
In Frankenstein (1931) di James Whale, il primo film dell'epoca del sonoro dedicato alla creatura di Shelley, la trasposizione dell'opera letteraria è piuttosto fedele, sebbene in alcuni punti la messa in scena, agli occhi di uno spettatore moderno e smaliziato, risenta degli anni trascorsi dalla sua realizzazione a causa di soluzioni registiche e produttive talvolta ingenue. Opera comunque lodevole per l'epoca e dotata tuttora d'innegabile fascino per le atmosfere gotiche che è in grado di suscitare anche grazie alla meravigliosa fotografia di Arthur Edeson. Il mostro, interpretato come negli altri film di questa trilogia dal leggendario Boris Karloff, appare qui impacciato, spaesato, fragile, infantile e dolente, ma allo stesso tempo spaventoso e letale. È proprio in questo film, come si diceva, che si delinea l'aspetto tipico del personaggio, destinato a sopravvivere nei decenni successivi. Notevoli le performance anche del restante parte del cast, in particolare quella di Colin Clive nei panni del medico Henry Frankenstein, che è il vero protagonista tanto del romanzo quanto di queste trasposizioni cinematografiche.
La moglie di Frankenstein (1935), sempre di James Whale, è secondo me forse il film più riuscito della trilogia, perché aggiunge quel giusto pizzico di ironia che lo rende godibile e spezza un po' i cupi toni gotici, anche qui resi da una bella fotografia (John J. Mescall). Il mostro subisce una piccola evoluzione nel suo maldestro tentativo d'interagire con il mondo circostante e le persone che lo abitano, sebbene nel solco della stereotipizzazione delineata nel predente film. Nei panni di Frankenstein sempre Colin Clive, la cui performance qui appare però un po' appannata. A brillare invece è la splendida, luminosa e sensuale Elsa Lanchester, nel doppio ruolo di Mary Shelley in un'introduzione a cornice iniziale (piuttosto inutile e impreziosita appunto solo dalla sua presenza) e della "moglie" del mostro.
Il figlio di Frankenstein (1939) di Rowland V. Lee è il film meno riuscito dei tre, inutile e superfluo, a partire da un'incomprensibile e per nulla accattivante fotografia espressionista (George Robinson), decisamente fuori luogo, fuori epoca e a tratti fastidiosa. A peggiorare le cose ci si mette anche una scenografia teatrale e scarna, che trasmette una sensazione di finzione a tutta la messinscena. A ciò si aggiungono una sceneggiatura poco ispirata e ritmi davvero troppo dilatati, che rendono tutta l'operazione noiosa e di scarso interesse. Poco convinto sembra anche il cast, da Wolf von Frankenstein (Basil Rathbone), figlio di Henry, allo stesso Karloff, che indossa stancamente per l'ultima volta i panni di un mostro ormai privo di mordente. Spiccano solo le interpretazioni magistrali di un'altra leggenda dell'epoca, Bela Lugosi, nel ruolo del sinistro servitore Igor e di Lionel Atwill nella parte dell'ispettore di polizia Krog, il cui braccio finto ricorda e anticipa a sorpresa quello del Dottor Stranamore di Stanley Kubrick. Coincidenza? Difficile crederlo, soprattutto conoscendo i gusti onnivori e compulsivi di Kubrick.
Ai film di questa trilogia, se ne aggiungono moltissimi altri, alcuni dai titoli più disparati e talvolta improbabili (Frankenstein contro l'uomo lupo, Frankenstein alla conquista della Terra, Il mostro è in tavola... barone Frankenstein, etc.), ma che nulla tolgono al fascino dolente e romantico della creatura di Mary Shelley, fino ad arrivare ai giorni nostri. Ma questa è un'altra storia...

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